Terzo problema: il rapporto tra le due identità di Gesù
Dal V secolo la discussione teologica non sarà più centrata sui temi Logos/sarx e Logos/antropos, essendo state chiarite e riconosciute sia la piena divinità e la piena umanità di Cristo. Il dibattito ora si sposta su come queste dimensioni coesistono e che rapporto hanno tra loro. La scintilla della discussione, che accese gli animi, innescando una nuova fase della controversia cristologica, fu il discorso del presbitero antiocheno Anastasio, amico del patriarca Nestorio, neoeletto a Costantinopoli. Anastasio disse che non si poteva chiamare Maria theotokos, madre di Dio: Maria era un essere umano ed era impossibile che Dio fosse nato da un essere umano; andava definita solo come Maria anthopotokos. Nestorio gli da ragione, provocando la reazione dei fedeli! Vediamo la posizione di Nestorio nel dettaglio e di seguito la risposta di Cirillo di Alessandria.
Nestorio: essendo vissuto ad Antiochia, Nestorio voleva salvaguardare, contro ariani e apollinaristi, la integrità della natura umana di Cristo, intesa come personalità completa, capace di scelte. Tenne perciò distinte le due nature con appellativi separati (per cui Maria era Christotokos, madre di Gesù nella sua unione con il Logos, perché questo titolo indica il costituirsi di Cristo come uomo e come Dio). Nestorio da un grande apporto fondamentale nell’individuare che la distinzione tra uomo e Dio si trova a livello delle nature, mentre la unità è da ricercarsi al livello che lui definisce prosopon (specie, persona) ed è su questo termine che vedremo le maggiori problematicità. Nestorio però comprese che il nucleo non era nell’opporre la divinità alla umanità di Cristo, quando nel rappresentare adeguatamente il rapporto.
Per Nestorio quindi in Cristo ci sono due persone: la persona del Verbo, consustanziale al Padre e la persona di Cristo, nata dalla carne consustanziale alla Vergine. La unione di uomo e Dio in Cristo è proprio nella persona e non sul piano delle nature: a livello della persona abbiamo la unione di Cristo, Figlio e Signore; al livello della distinzione abbiamo la divinità, espressa nei miracoli e nell’insegnamento con autorità e la umanità, espressa nella nascita, passione e morte. Questi due elementi produrrebbero uniti una ulteriore persona, prodotta per benevolenza da Dio; è una unione analoga alla abitazione di Dio nei santi o alla unione matrimoniale, una terza persona; che però, nel discorso di Gesù, rende la unità di Cristo esteriore. Non c’è una reale comunicazione tra le due persone ma solo unione per benevolenza di Dio.
Nestorio rimane ortodosso a livello di fede per come esprime la sua conoscenza cristologica in termini di fede; al livello della riflessione, non c’è una visione acuta perché non si coglie la esteriorità della unione in Gesù Cristo; al livello del linguaggio, l’uso del termine prosopon, inteso come persona, crea una dissonanza che produrrà comprensioni discordanti.
Cirillo di Alessandria: precisò subito che la sua cristologia in senso nettamente contrario alla teologica antiochena, perché aveva intuito in quello schema cristologico il rischio di dividere Cristo in due. Per evitare le accuse di apollinarismo, Cirillo puntò al riconoscimento della anima di Gesù, senza però darle una funzione specifica e non presentandola come un secondo centro di energia. Ne deriva una umanità di Gesù completa, anche se ridotta a obbediente strumento della divinità per la missione della nostra salvezza.
Cirillo è il primo a utilizzare il termine hypostasis (ipostasi, essere sottostante, sostanza), intesa come sostanza del Logos in cui si radica la umanità, che sussiste solo nel Verbo e mediante il Verbo divino detto Logos. Comprendiamo però come il discorso diventi sempre più complicato per la difficoltà di comprendere bene e chiaramente i termini del discorso, considerato che ogni teologo li raffinava/interpretava/ rileggeva in modo diverso, considerato il problema delle distanze e la impossibilità di ritrovarsi a discuterne in tempi brevi, prima che le idee teologiche si diffondessero, di bocca in bocca, non senza pericolosi travisamenti.
Prima risoluzione del problema
Con il Concilio di Efeso del 431 d.C. convocato dall’imperatore Teodosio e autorizzato da papa Celestino, si cercò di riportare la pace tra antiocheni e alessandrini. Si discusse del contenuto teologico della incarnazione e vennero precisate alcune posizioni nestoriane (come Maria definita theotokos), ricollocandole nelle acquisizioni di Nicea.
Al termine del Concilio, svoltosi in modo assai irregolare per via dei tempi di discussione e le attese di tutti i partecipanti, venne stilata la formula di unione del 433 d.C. Pur essendo una formula dottrinale di compromesso tra le due posizioni, che avevano a lungo discusso e anche appesantito il clima ecclesiale, ha il merito di contenere espressioni significative su Gesù Cristo:
Gesù come uomo perfetto per anima razionale e corpo;
Gesù Cristo consustanziale al Padre secondo la divinità e consustanziale a noi secondo umanità
Gesù Cristo come unione di due nature, non come congiunzione giustapposta.
Si tratta di una formula che salvaguarda la duplicità delle nature e che accetta la perfetta umanità di Cristo, venendo incontro agli antiocheni; gli alessandrini vengono ascoltati nella condanna a Nestorio, su Maria anthropotokos, a favore di Maria theotokos e vedono accettata la comunione delle due nature.
Tuttavia la confusione dottrinale perdura e continuerà fino al Concilio di Calcedonia del 451 d.C. Vediamo nei nostri predecessori nella fede la nostra stessa difficoltà: se non riconosco elementi della mia esperienza nella conoscenza della figura di Gesù Cristo, tutto il dibattito rischia di attestarsi solo come disquisizione dottrinale, ripetizione di formule comprese con la finezza lessicale, ma che non si collegano alla vita vissuta. Ad esempio, che significato ha la formula “Gesù Cristo uomo perfetto per anima razionale e corpo” se vivo una malattia o un handicap? Eppure il Vangelo rimanda Gesù Cristo come colui che guariva i malati avvicinandosi loro e donando insieme la salvezza di tutta la loro vita, senza separare anima e corpo… Come vediamo, nell’assumere le categorie filosofiche dell’ellenismo, la teologia si fa più astratta. L’acquisto che noi riceviamo da questo lungo percorso di chiarimento sono le formule conclusive, che effettivamente richiamano Gesù Cristo come raccontato dai Vangeli. Procediamo quindi verso la conclusione e il chiarimento su questo problema.
Dal 431 d.C. in poi si cercò di precisare le tesi a contrasto della risoluzione e dovremo seguire le posizioni di alcuni teologi del tempo, per capire le circonvoluzioni del pensiero.
Eutiche: era un monaco di Costantinopoli e sostenne una teoria cristologica per cui Cristo ha due nature prima della incarnazione, ma diventa di una unica natura dopo la unione. È la espressione della teoria monofisita per cui la natura umana viene completamente assorbita e fusa in quella divina, come una goccia nell’oceano. È una idea che nasce dalla confusione sul termine natura intesa come physis che viene intesa come hypostasis, persona; forse Eutiche voleva dire due nature per arrivare ad una unica persona, ma non potremo mai saperlo, perché usò i termini come interscambiabili. Dalle sue (incerte!) conclusioni, ne ricaviamo che Gesù Cristo non è consustanziale con noi e che dopo l’unione il Verbo incarnato ha una sola unione.
Flaviano: è il patriarca di Eutiche e lo pone sotto processo, chiarificando i termini della discussione. Distingue natura, ipostasi e persona, dove natura significa sostanza, ipostasi significa persona, anche come sinonimo di prosopon. La sorgente della unità è il Logos, il Verbo incarnato per cui c’è la incarnazione di Gesù Cristo in due nature e una persona. Papa Leone I trova nella sintesi di Flaviano un utilissimo strumento teologico, che poteva evitare la riduzione e di Cristo, simile a quella del docetismo. Papa Leone si pronuncia in modo cristologico in questo modo: ci sono due nature o sostanze unite nella unica persona di Cristo. La sua riflessione si arricchisce della dottrina delle proprietà, per cui ogni natura opera in comunione con l’altra, in ciò che le è proprio, appartenendo alla stessa e medesima persona. Il papa così salvaguarda la integrità della natura umana per i fini soteriologici e la sottrae ad ogni assorbimento/dissolvimento nella natura divina: contro ogni monofisimo, si afferma il duofisismo.
Seconda risoluzione del problema: il Concilio di Calcedonia del 451 d.C. riunisce 600 vescovi su iniziativa dell’imperatore Marciano, nel tentativo di fare sintesi tra le tradizioni cristologiche e confutare ogni eresia. Il testo finale è molto composito, raccogliendo i testi di Cirillo, di Nestorio, il simbolo del 433 d.C. di Flaviano e di Papa Leone. La formula sintetica dice che le nature di Cristo sono “unite senza confusione, divise senza separazione”: due nature in un unico soggetto, espresse con negazioni proprio per rilevare il modo misterioso con cui due nature integre e perfette confluiscono in un unico soggetto. Questa formula diventerà l’indiscutibile riferimento delle cristologie dei secoli a venire e ha il suo merito più grande nel costituirsi di Cristo come ipostesi trinitaria del Figlio ma anche nel sottolineare la integralità di presenza delle due nature, umana e divina.
Dopo Calcedonia: le dottrine professate non vennero immediatamente assunte in modo unitario; in occidente in modo maggiore, in oriente con tre filoni ermeneutici:
Calcedonismo rigososo: sottolineare il costituirsi di Cristo in due nature, senza se, secondo la formula;
Monofisismo: la formula calcedonese era ritenuta nestoriana, per la formula due nature; si riproponeva quindi la unica natura incarnata di matrice cirilliana.
Neocalcedonismo: la ipostasi di Cristo, soggetto di unione delle due nature, coincide con il Logos divino, come seconda persona della Trinità. Possibile, ma aperto a decisi travisamenti nella direzione di Cirillo.
Ci avviamo alla conclusione della trattazione dei 4 problemi… Vedremo le ultime riflessioni tra 15 giorni, con la appendice sulla iconoclastia, tra un mese! Il presente testo nasce da una rielaborazione scritta degli appunti ad usum studentorum del Corso di Cristologia tenuto nell’A.a 2021-22, presso l’Issr di Fossano, sede della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, dal professor Claudio Margaria; tutti gli errori e imprecisioni, che potessero esserci, sono da imputare unicamente alla sottoscritta!