Secondo problema: che cosa è umano e che cosa è divino in Gesù
A Nicea si stabilì chiaramente che Gesù Cristo è Dio e uomo; dal 360 d. C. in poi, soprattutto in ambito antiocheno, si inizia a ragionare sulle componenti umane e divine di Cristo e la precisazione si rese necessarie in seguito alle posizioni avanzate da Apollinare di Laodicea, che fu il principale portatore di ragionamenti, che potremmo definire inclinazioni eterodosse di dottrina (o eresie!).
Apollinare aveva una concezione antropologica a due livelli: la antopologia dicotomica, per cui l’uomo è costituito di pneuma+sarx; la antropologia tricotomica per cui è costituito di sarx+ pars spiritualis (nous+psychè). Con questo schema si oppone agli ariani: solo Dio può salvare l’uomo dal peccato e dalla morte assumendo in sé l’umanità (ne consegue che il dio minore degli ariani non può salvarci). Apollinare dice che la salvezza, perché possa realizzarci, deve prevedere una strettissima assunzione della umanità: il problema è nella anima umana che è troppo fragile per essere assunta dal Logos, che la sostituirebbe in tutto. Apollinare allora propone che, nel divenire uomo, il Logos si sostituisce al pneuma e al nous+psyche, a seconda della antropologia: questa sostituzione fa sì che il Logos prenda la completa direzione del composto umano-divino di Gesù. Gesù Cristo quindi può operare la completa redenzione, perché le componenti umane e divine sono compenetrate completamente.
Il punto di forza è nel carattere unitario che fa intendere la redenzione come compiuta da Dio, attraverso la passione e morte di Dio in Gesù Cristo. Il punto debole sta nel fatto che l’uomo, per la sua salvezza, viene privato del nous+psyche, rendendo così incompleta l’umanità come destinataria della salvezza: il ruolo divino in Cristo è così decisivo da impedire allo stesso umano in lui di essere pensato nella sua effettività di salvezza.
Gregorio di Nazianzio risponde in termini soteriologici. Se Cristo ha redento l’uomo nella tua totalità, allora ha assunto l’uomo nella sua totalità, compresi nous+psychè, altrimenti questi elementi risulterebbero non salvati e l’uomo beneficerebbe di una salvezza solo parziale. Ragionare solo sulla ontologia di Gesù Cristo ci allontana dal messaggio di Gesù Cristo stesso, portare la salvezza. Non potendo quindi sapere con certezza sapere che cosa e che cosa è umano e divino, occorre seguire l’insegnamento di Gesù, donarci la salvezza: nel donarci la salvezza in tutto Gesù ha assunto tutto di noi in Cristo.
Nella scuola antiochena purtroppo il problema si approfondisce ancora nel senso della divisione. Teodoro di Mopsuestia propone la incarnazione come presa di possesso o inabitazione del Logos in un uomo, il Figlio di Davide, il soggetto divino assume quello umano; la considerazione che scaturisce da questa è che siamo alla presenza quindi di due Cristi, il Verbo assumente e l’uomo Gesù che è assunto, come due unità che non sono integrate, ma sono solo dimensioni giustapposte.
Il secondo problema riguarda soprattutto l’ambito di Antiochia… Ma le idee hanno gambe lunghe, come vedremo trattando il terzo problema! Il presente testo nasce da una rielaborazione scritta degli appunti ad usum studentorum del Corso di Cristologia tenuto nell’A.a 2021-22, presso l’Issr di Fossano, sede della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, dal professor Claudio Margaria; tutti gli errori e imprecisioni, che potessero esserci, sono da imputare unicamente alla sottoscritta!