L’autore, Alphonse Borras, prete della diocesi di Liegi (Belgio), di cui è stato vicario generale, è professore emerito di diritto canonico all’Università cattolica di Lovanio.
Il sottotitolo potrebbe essere voce consultiva versus voce deliberativa! Ben lo sappiamo, che consultazione e deliberazione sono binomi sostenuti per parlare di due modalità di decidere opposte nella Chiesa, ma sono due concetti, due modalità di prendere decisioni, che si sono avvicendati nella plurisecolare storia della Chiesa cattolica. Chiariamo i termini nel registro del diritto canonico, come intendo fare, nel linguaggio giuridico.
Il carattere solo consultivo, tantum consultivum, dei diversi organismi ecclesiali è diventato problematico, se non insopportabile per molti cattolici. Sentono che i loro pastori non li ascoltano e sentono che sono stati in passato delusi da sterili scambi senza risultato. Andando oltre il binomio consultivo-deliberativo, si tratta di andare ad allargare il campo del canonicamente possibile al servizio di una chiesa autenticamente sinodale. Con questo scopo, la riflessione che cercherò di fare, va inquadrata in una riflessione teologica della Chiesa, per una comprensione del suo mistero, come svelamento del suo proposito, del suo desiderio di Dio, come volontà di contrarre alleanza con tutti gli esseri umani, come Chiesa e come popolo messianico. I padri conciliari lo denominavano un piccolo gregge che è germe più forte per tutta la umanità, germe di speranza, unità e salvezza.
Il Concilio Vaticano II ci ha abituati a comprendere la realtà e il mistero della Chiesa come svelamento in cui si manifesta secondo tre immagini, di cui due di esse sono metaforiche, ma sono tre che suggeriscono un approccio trinitario della comunicazione divina nel cuore della storia umana. Sarà proprio il presupposto trinitario e la sua tradizione ecclesiologica che mi sembra utile e feconda, la base della elaborazione del modo di prendere decisioni nelle comunità ecclesiali.
Prima tappa della riflessione, come si dà il discernimento nella Chiesa.
Spesso parlerò di ecclesia come concetto evocativo, per richiamare la diversità delle comunità ecclesiali. Prima tappa della riflessione sulle metafore: popolo di Dio, corpo di Cristo, abitato dallo Spirito Santo. Fin dall’inizio va ricordato due metafore sul popolo di Dio: è raccontato come corpo ecclesiale di Cristo e come tempio dello Spirito Santo, come duplice dimensione cristologica e pneumatologica. Per un millennio la Chiesa cattolica latina è diventata sempre più sensibile alla prima dimensione, a scapito della seconda: la Chiesa come popolo che Dio si è acquistato, un popolo che si raccoglie costantemente come corpo ecclesiale di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Infatti nella sua stessa origine la Chiesa è comunione, con munus, partecipazione alla vita trinitaria della grazia, attraverso Cristo nello Spirito Santo. In questo parliamo come Ireneo da Lione, unione con Dio che agisce nella storia umana nelle sue mani e con il verbo e il soffio, parola e spirito. Questa comunione è organica nella diversità dei suoi membri, nella varietà dei carismi, stati di vita, vocazioni, sensibilità, servizi e ministeri. Implica in principio una ecclesiologia partecipativa e inclusiva, con l’aiuto dello Spirito Santo tutti siamo chiamati a camminare insieme, contro la tentazione di camminare da soli, sottolineata da papa Francesco al n.33 di Evangeli Gaudium. Ogni figura sostiene la missione della chiesa, tutti insieme portano la missione del Vangelo, partecipi e annunciatori. La comunione e la missione sono intrinsecamente legate tra loro: alcuni fedeli sono ordinati alla presidenza della chiesa e alla sua eucarestia, i vescovi e i sacerdoti sono al servizio del popolo di Dio in virtù della autorità di Cristo, con cui Cristo ha edificato e santificato la Chiesa, come detto in Presbiterorum ordinis n. 3 ma anche in Lumen Gentium n. 21-28; i pastori devono attestare e promuovere la apostolicità della chiesa, nella fedeltà al Vangelo. I padri conciliari sapevano che i pastori sanno di non essere istituiti da Cristo per assumere da soli tutta la missione salvifica nel mondo, come dice LG n. 30 all’inizio del capitolo sui laici; le parole sono indirizzate ai pastori. I pastori non possono quindi fare tutto nella chiesa, non hanno tutti i carismi per l’annuncio e la missione; in chiave pneumatologica, i padri conciliari spiegano sempre in termini positivi il compito dei pastori, riconoscere i loro compiti e anche tutti i ministeri che sono propri dei laici, in modo che ciascuno contribuisca alla missione comune, ad comune opus. Il popolo di Dio è affidato a loro, non è di loro proprietà, i fedeli vanno ascoltati, per consultarsi con loro, per cercare di capire ciò che lo Spirito Santo sta dicendo alla ecclesia. In questo percorso di ascolto si attua il discernimento, per capire ciò che l’annuncio del Vangelo chiede loro di fare.
Seconda tappa della riflessione, ascoltare, chiedere consiglio e ottenere il consenso.
Per il pastore, ascoltare e chiedere consiglio è un obbligo di funzione, ex uffici, non solo compito di carità come dovrebbe essere tra i battezzati; i pastori devono esercitarlo senza dimenticare che condividono con tutti la condizione di battezzati; è un ascolto che si esercita quotidianamente con i fedeli a livello individuale, come gruppo collettivo; dal punto di vista canonico, c’è ascolto reciproco tra fedeli e pastori; la fase successiva all’ascolto, è la ricerca del consiglio da parte dei fedeli della sua comunità, prendendoli sul serio come membri del corpo ecclesiale, sulla base della partecipazione differenziata. Chiedendo il parere, il pastore deve dare conto di averli sentiti e sentirsi obbligato a ciò che ascolta, chiedere un consiglio significa una responsabilità verso quello che ci viene detto. La terza fase è ottenere il consenso. Il pastore o il superiore è vincolato al consenso di tutti, ottenuto collettivamente o individualmente, secondo il canone 127 del Codice di Diritto Canonico, per creare una crescente formalizzazione della sinodalità nella ecclesia. Lumen Gentium n. 30 riprende il tema in cui ognuno a suo modo e in unità contribuisce alla opera comune.
Terza tappa, la doppia modalità per raggiungere una decisione.
C’è quindi la fase della consultazione e della deliberazione che sono formalmente le due modalità del processo decisionale; dal punto di vista della istituzione che attua l’una o l’altra di queste modalità nella dottrina cattolica, si parla di organi consultivi e deliberativi, basati sul consenso, a parità di voce (eccetto gli istituti di vita consacrata e le associazioni di vita dei fedeli, che hanno altre regole, su materie patrimoniali e di elezioni alle cariche, secondo i canoni 164 e 179). Nelle chiese diocesane locali non si parla della necessità del consenso individuale e collettivo per prendere decisioni. In generale il suffragio deliberativo è una prerogativa, sempre secondo il Codice di Diritto Canonico, dei vescovi, a livello dei gruppi di chiese o a livello della chiesa universale, per concili particolari o ecumenici. Nella realtà, quindi non c’è pratica di voto deliberativo. Il coinvolgimento dei laici nella pratica deliberativa non si esercita quindi con una voce uguale, nella vita diocesana e parrocchiale, nel modo consultivo i fedeli possono esercitare individualmente il loro compito di consiglio del pastore o collettivamente tenere consiglio con lui su questioni o problemi o azioni da intraprendere. Il Codice prevede casi in cui il dialogo può forgiare una volontà comune di tutti i fedeli, compresi i pastori. Le istanze in cui viene messo in azione questo forgiare la volontà comune di tutti sono il sinodo diocesano, i consigli pastorali diocesano e parrocchiali; i sacerdoti sono solo consultivi nel consiglio presbiterale; è una restrizione diventata insopportabile per molti, perchè squalifica la partecipazione alla vita della ecclesia, non onora il sensus fidei del popolo di Dio, per trovare nuove vie, come dice papa Francesco in Evangeli Gaudium n.31, ribandendo Lumen Gentium n. 12. La comunità ecclesiale e le diverse figure della comunità ecclesiale che nel loro insieme portano la missione del Vangelo sono tutti fedeli che partecipano alla vita della grazia e ne sono partecipi, indicando che comunione e missione sono intrinsecamente legate. Si sottolinea che viene salvaguardata la libertà del pastore, in virtù della sua ordinazione alla presidenza ecclesiale e eucaristica. Ma questo ministero pastorale di presidenza, che posiziona di fronte agli altri fedeli, che garantisce la apostolicità della chiesa, questo ministero non finisce per porre il pastore in posizione di sporgenza e di marginalità da dove poi emergerebbe una differenziazione dai fedeli? Nel corpo ecclesiale di Cristo, abitato dallo stesso Spirito Santo, nella diversità dei doni complementari, comunità non è senza il pastore, ma il pastore non è tale senza comunità. La tradizione canonica conosce questo passaggio e il Codice corregge il senso consultivo, con una indicazione poco conosciuta tra fedeli e pastori; è una restrizione presente compresa in modo minimalista e spero che il mio intervento la chiarisca.
Quarta tappa, la riflessione sul tantum consultivum
Il superiore o il parroco deve in linea di principio seguire opinioni concordanti, sul contenuto; il canone 127 del Codice è chiaro, il parroco o il superiore, quando chiede il parere, deve tenerne conto per la decisione finale, che concordi con questo parere richiesto a tutti. Quindi il superiore non può procedere in modo eclettico o selettivo, ma deve sempre sollecitare il parere di un gruppo e di un collegio, altrimenti la decisione non avrà validità, perchè la consultazione o non è stata richiesta o non è stata rispettata. La decisione finale sarà nulla. Chiedere quindi una opinione va oltre il solo consultare, perché influenza o orienta la decisione valida. Anche se il parroco o superiore non è obbligato ad accettare le loro opinioni, anche se non è d’accordo, non deve discostarsi dalla opinione generale, senza un valido motivo, valido per decisione del parroco stesso, ma legato anche a fatti concreti. Questa disposizione può essere applicata in caso di consultazione collettiva in virtù del principio di analogia del diritto; in altre parole le opinioni concordati delle persone consultate devono essere seguite, a meno di una ragione imperativa per discostarsi. Il superiore, anche se non è legalmente obbligato a farlo, il superiore o il pastore seguirà generalmente la opinione concordata. Sono qui da aggiungere due documenti romani posteriori al codice ma che formalizzano lo stesso principio: per primo, l’Istruzione nella costituzione apostolica del 1997, sui sinodi diocesani che spiega il carattere consultivo, che lascia al vescovo diocesano la libertà di accettare o meno le opinioni espresse, pur ricordando che i membri del sinodo non sono estranei perché collaborano alla elaborazione delle dichiarazioni finali. La Istruzione precisa che il vescovo rimane libero di decidere che cosa fare delle dichiarazioni finali, anche se cerca di seguire la opinione seguita; solo un serio motivo gli impedirebbe di seguire le indicazioni. Secondo documento, il direttorio apostolorum successoris del 2004, dedicato all’Ufficio pastorale dei vescovi, un vero vademecum per l’esercizio del servizio episcopale. Quel direttorio sottolinea il carattere organico della comunione ecclesiale e degli organismi partecipativi; nel senso del canone 127, prescrive che il vescovo non si discosti da opinioni o voti espressi da una larga maggioranza, e solo per motivi di natura dottrinale, disciplinare o liturgica. Quindi è chiaro il ruolo del pastore e del superiore che deve seguire il parere della maggioranza e delle opinioni concordate.
Quinta tappa, la elaborazione congiunta delle decisioni
Nella chiesa cattolica gli organi deliberativi sono in minoranza e limitati alla vita consacrata, alle società di vita apostolica e alle associazioni dei fedeli; oltre a questo, ci sono le questioni patrimoniali su cui si decide in questi contesti. Rimarranno tali, non sono previsti allargamenti. Nella ecclesiologia cattolica infatti la autorità pastorale riconosce di avere una missione apostolica per garantire e promuovere la fede del popolo di Dio; ma questa missione, che è la loro singolarità, non di esercita né al di sopra, né al di fuori, né a fortiori dei fedeli; il magistero non si dispiega senza il sensum fidei e viceversa; certamente i processi decisionali sono complessi, ma la autorità pastorale non deciderà mai senza o contro i fedeli. Nella vita della chiesa cattolica si dispiega attraverso organismi consultivi, come abbiamo detto prima; nessuno costituisce chiesa, fedeli senza pastore e viceversa, non c‘è vita sinodale senza, ma serve una ecclesiologia che tenga conto di una vita partecipativa, consultiva e inclusiva… quindi in un organo consultivo, come sinodo diocesano o consiglio pastorale, consiglio presbiterale, i fedeli danno il loro parere per elaborare la decisione insieme ai pastori, decisioni che riguardano la vita, il governo, la testimonianza e la missione della comunità. Questo è il decision making, processo di elaborazione della decisione finale, che è distinto dal decision taking. È una distinzione utile che onora, in senso pneumatologico, la corresponsabilità battesimale, ciascuno secondo i suoi carismi, senza pregiudicare la presidenza ecclesiale dei pastori. La elaborazione di una decisione avviene nel tempo e si basa sullo scopo di raggiungere una decisione, come scopo del processo decisionale (la maggioranza non è lo scopo decisionale!), accertare il grado di accordo tra le persone coinvolte. La questione della unanimità della assemblea deve essere ricercata per quanto possibile, come dice Episcopali Communio, sul sinodo dei vescovi, art. 17. La autorità pastorale è coinvolta in tutto questo processo, come parte interessata, sempre coinvolta; di conseguenza una autentica sinodalità nella chiesa cattolica, nella sua comprensione ecclesiologica e nella sua composizione canonica delle sue istituzioni, richiede oggi l’allargamento della partecipazione dei fedeli, almeno de iure condendo, se non a breve termine a lungo termine di sicuro, in attesa di una revisione del Codice in questa materia. Oggi si può già attuare seriamente il processo di decisione making nel diritto particolare delle chiese e nei decreti delle conferenze episcopali, sempre secondo Lumen Gentium n.30.
Conclusione
C’è stata troppa enfasi sul solo consultivo, che ha impedito di comprenderne tutto il significato e forse ha enfatizzato il ruolo del ministero ordinato; la libertà del ministero ordinato non può essere messa in discussione, perché garantisce la apostolicità della fede per tutta la Chiesa; nella prospettiva della piramide rovesciata, di una ecclesiologia partecipativa, è importante onorare la uguaglianza di tutti i battezzati. I pastori non devono discostarsi da opinioni della maggioranza dei fedeli, esclusi i gravi motivi disciplinari e liturgici e sempre spiegandosi, dando conto delle ragioni in modo esteso. È questa la accountability, capacità di rendere conto del ministero o del magistero, ed è una condicio sine qua non della credibilità dei pastori della Chiesa cattolica.
Nell’estate del 2022, ho avuto la opportunità di poter ascoltare il Corso sulla Sinodalità tenuto da diversi teologi e teologhe e organizzato dal Boston College: è stata proposta una formazione online gratuita, in 5 lingue e divisa in 3 settimane successive, con moltissimi interessanti contributi da ascoltare. Le conferenze erano organizzate in tre passaggi: dal discernimento comune alla costruzione del consenso, elaborazione e processo decisionale nella Chiesa, leadership e governance nella Chiesa. E’ stata davvero una bella esperienza di ascolto e inevitabilmente ho iniziato a prendere appunti mentre ascoltavo… Alla fine mi sono ritrovata con tante interessanti riflessioni, che volevo condividere! Ovviamente, si tratta di appunti miei personali e mi prendo tutta la responsabilità di errori di trascrizione o di comprensione: mi sembrava però interessante condividere questi contenuti, in modo che più persone possibile potessero riflettere sul tema della sinodalità. Ed ecco qui questa piccola e personale selezione di contributi: all’inizio di ogni trascrizione c’è il nome del teologo e il suo incarico. Tutte le conferenze sono ascoltabili su https://www.youtube.com/channel/UCLUnOSQE3INWihgBSCjAmhA/featured.