Intervento di Samuel Fernandez, sul “Processo decisionale e presa di decisione nei primi secoli del cristianesimo”; l’autore è professore della Facoltà di Teologia della Università Pontificia del Cile e sacerdote della Diocesi di Santiago.
Come si decideva nei primi secoli? La fede cristiana ha bisogno di una certa struttura per esprimersi, non è una fede individuale, ma è un seguito di Gesù come popolo, un modo di prendere decisioni in accordo, nella diversità dei doni ricevuti dallo Spirito Santo.
Ci sono problemi metodologici per parlare di questo argomento: fondamentale il problema è che dobbiamo ricostruire le pratiche di decisione solo sui documenti che possediamo, che sono scarsi, frammentati, magari numerosi per alcune realtà, pochissimi su altre comunità. Grande varietà di condizioni di documenti, è importante sempre ricordare che la vita è più ricca dei documenti… Dobbiamo sapere per certo che ciò che riusciamo a ricostruire è sicuramente meno della ampiezza di possibilità decisionali che erano a disposizione, che certamente esistevano.
Inoltre, non possiamo ricostruire una storia della decisionalità lineare della Chiesa perché la Chiesa del passato con una struttura federativa, aveva diversità regionali molto ampie: per esempio, se stabiliamo che in Antiochia nel II secolo le decisioni venivano prese in un certo modo, non possiamo dire che in tutta la Chiesa decideva così e magari abbiamo documenti che descrivono percorsi diversi per decidere.
Vediamo quindi l’effettivo sviluppo storico di queste strutture di decisione che hanno accompagnato la Chiesa nel suo processo decisionale. Nei primi decenni del Cristianesimo, sotto la spinta evangelizzatrice, che ha aperto molte nuove comunità, la fede cristiana ha avuto un segno carismatico, c’erano leader carismatici, legati al missionario che aveva portato il Vangelo; molto carisma, pochissima struttura, si sviluppavano i primi decenni in questo modo, la leadership carismatica è fondamentale. Esempio, la autorità carismatica di Paolo sulle comunità da lui fondate. Negli Atti però vediamo la necessità della Chiesa di deliberare in comune, dal desiderio degli Apostoli di incontrarsi; il carisma quindi non basta, sono necessari strumenti per deliberare. Non è un processo avvenuto da un giorno all’altro, accanto ai profeti si aggiungono insegnanti, medici, lavoratori di altri ambiti, anche itineranti; molti viaggiano tra comunità per portare la parola.
La Didachè, documento degli anni 90 d.C. già dice che nessuno che parla attraverso lo Spirito Santo è di per sé un profeta e bisogna discernere se il profeta parla per spirito buono oppure è un falso profeta. È evidente che è una riflessione che nasce da una fase di grande sviluppo di evangelizzazione, ma anche da una fase di abuso di autorità di questi leader carismatici nelle comunità. Allora ci si chiede, come riconoscere il falso profeta? E come differenziarlo dal vero? Basta dire, parlo in nome dello Spirito Santo? È evidente che già in questa fase le leadership puramente carismatiche si sono rivelate insufficienti.
Emergono inoltre anche le diverse eresie, interpretazioni illegittime del messaggio evangelico: di fronte alla eresia, diventava necessario decidere, confrontarsi, fare discernimento e prendere una strada che fosse evangelicamente condivisa, con pratiche ecclesiali di discernimento e di decisione.
Possiamo quindi passare ad alcune questioni decisionali che si sono poste per vedere come si sono formati questi processi, discernimento e decisione, per capire come si sono sviluppate, con diversità regionale e cronologica, le procedure.
Un caso è il tipo di governo ecclesiale: due modelli prevalgono, in una realtà molto complessa di modelli ecclesiali, dovendo proprio semplificare. Un modello più collegiale e un modello più unipersonale. È un fenomeno parallelo della chiesa antica, governo di un collegio di presbiteri oppure governo di un vescovo: probabilmente sono modelli ispirati alla cultura ebraica o di reazione pronta alla eresia, nella velocità decisionale dell’uno, ma sono modelli che incontreremo.
Esempio del modello collegiale, quando Marcione predica la sua dottrina a Roma, la comunità ritiene che questa non ria la vera dottrina. Il collegio dei presbiteri di Roma lo interroga e decide che la sua dottrina non sia autentico messaggio del Vangelo e che deve essere espulso dalla comunità. Altro esempio, di alcuni anni successivo, non a Roma ma in Asia minore a Smirne, verso Noeto, non sappiamo se diacono, laico o vescovo, che inizia a predicare teologia trinitaria carente. Come ci si comporta? Ippolito dice che i presbiteri lo convocarono davanti alla assemblea della Chiesa e ascoltatolo, ne sancirono la illegittimità della dottrina. Il collegio dei presbiteri coinvolge tutta la chiesa nell’esame, cper discernere se è teologia cristiana oppure illegittima.
Il modello di episcopato monarchico, unipersonale, possiamo vederlo in azione sulla disputa della data della Pasqua: c’erano due tradizioni sulla data della Pasqua, una celebrata il 14 del mese di Nisan, secondo il calendario ebraico e una celebrata la prima domenica dopo la luna piena che arrivava dopo l’equinozio di primavera. Era una situazione difficile in città che, con comunità diverse, celebravano Pasqua in due date diverse. L’intervento del vescovo di Roma, Papa Vittore, si fa carico di prendere una decisione da solo: scomunica tutti coloro che celebravano Pasqua il 14° giorno di NIsan, in modo molto netto. Interviene poi Ireneo, vescovo, che riesce a convincere Papa Vittore a non scomunicare i cristiani dell’Asia minore e tutte le comunità collegate e ricorda in una lettera, l’esempio del vescovo di Smirne Policarpo. Quando Policarpo si recò a Roma nel 130 d.C. con il Papa di allora, Aniceto, era sorto lo stesso problema: non si erano convinti a vicenda, ma i due rimasero in comunione e Aniceto diede a Policarpo la presidenza della Eucarestia come segno di pace e comunione. Ireneo ci ricorda un buon esempio!
Entrambi i modelli, dagli esempi è chiaro, cercano una mediazione adeguata per esprimere la volontà di Dio; a poco a poco si è imposto il modello dell’episcopato monarchico, forse anche perché la minaccia delle eresie era così forte da far sembrare che un governo unipersonale fosse in grado di reagire più agilmente e meglio contro la minaccia delle eresie.
Un altro tema di decisione della Chiesa antica era la decisione sul vescovo locale: chi decideva chi era il vescovo in una comunità? Come eleggere il vescovo e trovare la persona da istituire con al ordinazione episcopale? C’è ampia diversità delle modalità di elezione, ma in comune c’è la scelta locale della persona. Ad esempio, i vescovi di Antiochia si ritrovano per eleggere il vescovo di Alessandria, perché c’è molta confusione a livello locale a causa della dottrina ariana e i vescovi scelgono tra loro per garantire la dottrina evangelica in una sede importante. Papa Giulio, nel 341 d.C., in seguito alla nomina reagisce e dice che la nomina del vescovo di Alessandria non avrebbe dovuto essere fatta in quel modo illegittimo, avrebbero dovuto ordinare un vescovo del presbiterio di Alessandria, tra quel gruppo del clero: per il Papa era questa la scelta legittima. Non è sempre stato così, proprio nella stessa sede di Alessandria: infatti il vescovo di Alessandra ordinava i vescovi delle sedi più piccole in zona, senza sceglierli tra il clero locale. Ciò però accadeva perché Alessandria era una sede molto importante e le sedi vescovili circostanti erano molto piccole e decentrate, più di 100 sedi in Egitto e Libia. Lì il vescovo di Alessandria aveva autorità.
Altrove si usava che il vescovo lasciasse in testamento chi dovesse essere il successore. Vediamo quindi la diversità di elezione del vescovo. In nord Africa a Cartagine succedeva spesso che ci fosse la partecipazione del popolo alla elezione del vescovo. Nel 254 ci viene descritto il ruolo del popolo nella elezione del vescovo, nel racconto del sinodo: la elezione è in presenza di tutti, perché il vescovo sia approvato da tutti come degno. Alla elezione de vescovo devono essere presenti tutti, non si parla di voto diretto del popolo o di altri vescovi, ma si dice che la elezione deve avere le caratteristiche di trasparenza, perché il popolo di Dio possa accoglierlo come degno e idoneo. In alcuni casi particolari, il vescovo poteva essere rifiutato dal popolo: sempre questo documento sinodale del 254 d.C. ci dice che, obbedendo ai comandi di Dio, bisogna separarsi dal vescovo indegno, proprio per i suoi compiti di scelta sacerdotale. Il popolo non solo riconosce il vescovo degno, ma rifiuta il vescovo indegno.
Abbiamo ancora due argomenti di decisione; come vengono prese le decisioni in ambito teologico e come prendere decisioni in ambito disciplinare. Nel caso di Marcione e Noeto, abbiamo una decisione di collegio di presbiteri che ascolta la dottrina e ha autonomia di decisione e giudizio. Girolamo ci racconta a che a Roma c’era un senato di presbiteri che decideva in ambito dottrinale. C’erano strutture differenziate per discernere la rettitudine della fede: ad Alessandria per esempio si delinea una situazione particolare, in cui c’è stato il polo dell’episcopato e il polo della scuola teologica. La scuola teologica era stata forse fondata indipendentemente dalla Chiesa e poi si è unita alla struttura ecclesiale, fino a diventarne parte non distinguibile nel IV secolo. Che cosa è interessante? Una certa autonomia al vescovo spettava nel porre i limiti della dottrina e si lasciava alla scuola una altrettanta autonomia di ricerca e discussione, nel proporre le interpretazioni del Cristianesimo: teologia e teologo avevano un posto particolare nel processo dottrinale, è un contesto in cui si svolge il dibattito teologico pubblico, come modo per illuminare la legittimità o illegittimità di certi temi in termini di fede. Per esempio, Origene descrive di aver avuto un dibattito con uno gnostico di nome Candido in presenza di molti e che il dibattito era stato scritto perché si potesse leggerlo e commentarlo. Altro esempio di Origene, il dibattito con Eraclide: siamo nel 240 d.C. metà III secolo; i vescovi vicini di Eraclide erano preoccupati per quello che predicava. Si convoca un sinodo di vescovi per esaminarne la fede e si convoca Origene come esperto. All’origine degli atti del sinodo, vengono raccontati elementi interessanti (c’è un papiro completo sul loro dibattito!): ognuno ha fatto osservazioni alla teologia di Eraclide, dopo la sua esposizione; lui risponde a tutti, Origene parla dopo tutti e guida il dibattito successivo, alla presenza di tutta la chiesa, in modo che tutti possano testimoniare la legittimità della sua teologia e fede.
Un altro caso, la decisione del vescovo Dionisio di Alessandria: un insegnante ad Alessandria, che propaga la sua dottrina viene messa in discussione, perché appare irregolare. Dionisio è chiamato in causa, perché esamini la dottrina di questo insegnante. In quella zona, dice Dioniso, aveva già prevalso in passato una dottrina di eresia. Dioniso si raduna con il collegio del clero per decidere e analizzare la teologia, senza aggrapparsi alla propria opinione e racconta che il collegio ha approfondito, non si è vergognato delle domande o di voler capire bene, ma con massima coscienza ha accettato ciò che era stabilito, confrontandolo con la scrittura. Seguiranno i sinodi di Nicea, Calcedonia ed Efeso. Vediamo che stavano cercando di dare definizione di limite per le intuizioni teologiche, non vogliono elaborare una teoria, ma semplicemente differenziare ciò che poteva essere detto legittimamente e ciò che era invece illegittimo, perché senza fondamento teologico. Le definizioni autentiche non hanno rimosso il pluralismo teologico, ma solo differenziato le riflessioni tra legittime o non fondate.
Ultima questione, la decisione in questioni disciplinari: questioni pratiche di come affrontare chi è stato apostata, questioni di celibato, liturgiche, amministrative e di denaro, che sono sorte. I sinodi lavorarono come dialogo, raccogliendo i testi delle riflessioni fatte come normativi; abbiamo esempio di come comportarsi con gli apostati, un tema importante ma anche rilevante solo per quel periodo. Anche il concilio di Nicea afferma la necessità di riunirsi due volte l’anno, per decidere sulle questioni di provincia, con la consapevolezza di affrontare le difficoltà in comune. Di base, i sinodi rimangono strutture come l’appello al diritto civile, che si sviluppa parallelamente come livello di giudizio successivo per presbiteri o vescovi giudicati da un collegio di presbiteri che volessero un altro grado di giudizio.
Che cosa possiamo imparare da questo excursus storico-teologico? Prima di tutto, non è una storia lineale, ma con molte diversità. E forse questo è uno dei messaggi più rilevanti che la Chiesa antica ci trasmette oggi: la Chiesa antica ha adottato una pluralità di modelli di decisione nel corso dei secoli, accogliendo anche buona pratiche dal diritto civile e dai modelli culturali in cui si è sviluppata. La Chiesa antica non solo offre modelli da imitare, ma forse la cosa fondamentale è che mantenendo unità e identità della Chiesa. C’è quindi molto spazio per cercare nuovi modi di decidere insieme sinodalmente, rimanendo nella tradizione della Chiesa.
Nell’estate del 2022, ho avuto la opportunità di poter ascoltare il Corso sulla Sinodalità tenuto da diversi teologi e teologhe e organizzato dal Boston College: è stata proposta una formazione online gratuita, in 5 lingue e divisa in 3 settimane successive, con moltissimi interessanti contributi da ascoltare. Le conferenze erano organizzate in tre passaggi: dal discernimento comune alla costruzione del consenso, elaborazione e processo decisionale nella Chiesa, leadership e governance nella Chiesa. E’ stata davvero una bella esperienza di ascolto e inevitabilmente ho iniziato a prendere appunti mentre ascoltavo… Alla fine mi sono ritrovata con tante interessanti riflessioni, che volevo condividere! Ovviamente, si tratta di appunti miei personali e mi prendo tutta la responsabilità di errori di trascrizione o di comprensione: mi sembrava però interessante condividere questi contenuti, in modo che più persone possibile potessero riflettere sul tema della sinodalità. Ed ecco qui questa piccola e personale selezione di contributi: all’inizio di ogni trascrizione c’è il nome del teologo e il suo incarico. Tutte le conferenze sono ascoltabili su https://www.youtube.com/channel/UCLUnOSQE3INWihgBSCjAmhA/featured.