Questo testo parte da una riflessione sulla Istruzione Donum Veritatis, sulla vocazione ecclesiale del teologo, approvata dalla Congregazione per la dottrina della Fede il 14 maggio 1990 (Solennità della Ascensione del Signore) e dalla lettura del testo del teologo franco-tedesco Christoph Theobald “La lezione di teologia” edito dalle Edizioni Dehoniane nel 2014.
Mi sembrava importante rilanciare i testi teologici, la lettura e il personale percorso di studio e di scoperta di ciascuno, con una lettura di base, che spesso trascuriamo, sul tema della ricerca teologica, la Istruzione della Congregazione della Dottrina della fede, che ho citato. In ogni epoca la teologia è importante, perché tutti gli uomini possano arrivare alla conoscenza della verità, ma nel nostro secolo la teologia ha di molto contribuito alla preparazione e alla realizzazione del Concilio Vaticano II, non senza attraversare momenti di crisi e tensione (n.1)[1]. Dio ha voluto comunicarci la verità in Gesù Cristo perché potessimo anche noi vivere la forza unificante della umanità di Gesù e la partecipazione alla comunione della alleanza, non più estranei alla promessa di Dio (n.3). Noi cerchiamo di rispondere con una vita di fede e carità, offrendo a Dio sacrifici di lode; sebbene il popolo di Dio abbia un universale senso di fede, è necessario, per esercitare la funzione profetica, ravvivare la propria fede, con riflessioni sempre più approfondite. La guida dello Spirito Santo rimane indispensabile per aiutare la fede a mostra ragionevolezza verso chi ne chiede i motivi e lo Spirito Santo stesso suscita grazie speciali per la comunicazione della fede stessa (n.5).
La vocazione del teologo (ma direi anche dello studioso della teologia) si distingue da altre, in comunione con il Magistero, per la acquisizione di una intelligenza sempre più profonda della Parola di Dio, come contenuta dalla Scrittura e come trasmessa dalla Tradizione viva della Chiesa. La scienza teologica, che risponde all’invito alla verità aiuta il popolo di Dio, secondo il comandamento dell’apostolo Pietro (1 Pt 3,15) a rendere conto della sua speranza di fede a tutti coloro che lo richiedono (n.6). Il lavoro del teologo risponde così ad un dinamismo che è già nella fede stessa: la verità di Dio vuole comunicarsi all’uomo che è stato creato per percepire la verità stessa e desidera ritrovarsi in essa. Il Signore ha inviato i suoi apostoli perché facciano discepole le nazioni: la teologia offre a coloro che cercano una risposta, come parte integrante della obbedienza al comandamento di rendere discepole le nazioni, perché gli uomini non possono divenire discepoli se la verità di fede non gli viene presentata (n.7). L’amore dell’uomo, nel conoscere Dio, vuole sempre conoscere meglio e la teologia si è progressivamente costituita come un vero e proprio sapere scientifico per dare risposte alle esigenze di conoscenza del suo tempo, di rigore critico, con un controllo razionale sulle proprie tappe (n.9). Le scienze filosofiche e storiche e le scienze umane sono strumento per una solida e armonica conoscenza dell’uomo e del percorso della Rivelazione.
Il teologo, nella sua libertà di ricerca, deve assumere dalla cultura del suo ambiente, gli elementi per mettere meglio in luce i misteri della fede; è un compito arduo, perché gli strumenti concettuali delle scienze non devono mai sostituirsi, come principio normativo ultimo, alla dottrina rivelata, che deve essa stessa dare i criteri di discernimento. Occorre molta pazienza di maturazione dei risultati, molte correzioni e ampliamenti, molta disponibilità del teologo ad edificarsi, con vita di preghiera, per un servizio disinteressato alla comunità dei credenti.
Teologia e magistero della Chiesa hanno, lavorando insieme, lo stesso compito, di conservare il popolo di Dio nella verità e aiutarlo ad essere la luce delle nazioni; il teologo respinge le deformazioni della fede, il magistero, con l’aiuto del sensus fidei del popolo di Dio, gli dà forma organica e sistematica. Oggi l’insegnamento della teologia deve tenere conto quindi di tre aspetti intimamente collegati tra loro: il contesto dell’insegnamento, il riferimento al Concilio Vaticano II e le finalità della teologia. In questa direzione, Christoph Theobald può aiutarci: il senso del discorso può aiutarci perché imparare a farsi una buona formazione teologica, a interessarci, a studiare e a leggere, può fare di noi migliori operatori pastorali e credenti più certi, se non della loro fede, certamente della forza della Parola.
Nel nostro contesto di riferimento, le persone sono spesso mancanti di un solido fondamento storico di fede, ma incontriamo spesso un approccio molto aperto alla pluralità delle religioni e delle culture. È necessario quindi rafforzare le conoscenze con precisi punti di riferimento per la identità cristiana, perché la immersione in contesti sempre più pluralisti e sempre più radicali può farci cadere nel duplice errore di sbiadire la nostra identità cristiana o peggio di ancorarla a riflessi identitari. Certamente l’individualismo contemporaneo, il relativismo morale e il probabilismo delle scelte sono forze potenti ma mancano di ogni apertura alla trascendenza, che è il vero dono della nostra fede, la apertura al vivere la nostra vita come un tutto, non come una serie di episodi, un tutto legato alla promessa di una vita vicini all’amore di Dio. La sfida per noi che studiamo teologia è di non perderci dentro la grande foresta delle discipline, ma di tenerci legati, nello studio, al legame tra ciò che studiamo e la nostra esperienza di vita, umana e spirituale: in questo senso dobbiamo valorizzare nella nostra vita la esperienza concreta, la narratività con cui rileggiamo le situazioni e il compito di testimonianza che sempre abbiamo. La serietà del nostro studio, ad ogni livello, sta proprio nel misurare distanza/legame tra ciò che studiamo e viviamo, senza piegare la teologia o snaturare la nostra vita, argomentando sì, ma senza intellettualismi. Perché il riflesso del nostro studio è tutto sul risvolto ecclesiologico, sulla vita della chiesa e sul contributo che diamo alla vita della Chiesa, in ogni ambito.
Certamente la forza di vivere questi tempi post-moderni ci viene dal Concilio Vaticano II, che con il suo carattere singolare di reinventare il Cristianesimo alle soglie della fase post moderna della storia, ci dona gli strumenti per continuare nel processo di conversione ecclesiale. Karl Rahner, che è stato uno degli ispiratori del decreto Optatam totius, ha contribuito proprio ha orientare la nostra formazione teologica verso lo studio della Scrittura e verso il mistero cristiano della autocomunicazione di Dio nel cuore della esistenza umana. Proprio il mistero di Cristo, che situa nella storia della umanità il rapporto con la trascendenza di Dio, deve situare il centro della nostra riflessione teologica sempre tra l’amore di Cristo e il messaggio delle Scritture; da qui dovrebbero scaturire tutte le nostre iniziative pastorali, come ci mostra il Concilio Vaticano II, in tutti i suoi decreti e costituzioni. È questa la vera interpretazione pastorale, tenere insieme, in ogni riflessione per attività pastorali, il livello di comprensione teologica e la esperienza di fede di ciascuno, nella infinità varietà dei destinatari del Vangelo. Questo è il modo di fare pastorale, che rende possibile interpretare, con creatività apostolica, come rendere noto il Vangelo a più persone possibili.
In genere, ci sono tre grandi gruppi di persone che sono interessati alla teologia: coloro che sono mossi da un interesse culturale, coloro che vogliono comprendere meglio la loro fede e coloro che perseguono uno scopo apostolico; ovviamente i tre gruppi sono permeabili a passaggi e anche a compartecipazioni. C’è anche un delineabile rapporto con le figure del Vangelo individuate da tutti coloro che ascoltavano Gesù, i discepoli e i 12 Apostoli (compresi i 72 inviati). CT sottolinea che ci sono almeno 3 poli per la formazione di coloro hanno scopo apostolico; tuttavia questi tre poli, a mio modesto avviso, sono importanti comunque ci si collochi nei 3 gruppi. I tre poli di riferimento sono lo studio delle Scritture (partendo dai Vangeli), incrociare il proprio percorso di vita con quello di Gesù, come compreso dai Vangeli, immettere il proprio cammino nella storia bimillenaria, prendendo a cuore la missione di annunciare il Vangelo. Mi sembra di poter dire che si tratta di tre poli che possono riguardare tutti, quantomeno come interesse spirituale, anche se non direttamente coinvolti nella missione come operatori pastorali. Molti di noi possono sentirsi in ruoli diversi, in tempi diversi della vita: continuare a incrociare il nostro cammino con il messaggio evangelico mi sembra importante come polo di riferimento sempre, per tutti.
[1] Nel testo tra parentesi vengono indicati i numeri citati della Istruzione, in modo che il lettore possa ritrovarli, se volesse riprendere personalmente il testo. Tutte le Istruzioni sono disponibili gratuitamente sul sito Vatican.va per la lettura, la stampa e la diffusione stessa dei documenti stessi.