La scorsa settimana, dopo recensione del bel libro “Confessioni di un animista” di A. Orobator, è rimasta in sospeso la questione dell’inculturazione del Cristianesimo… Che significa inculturazione? È un movimento di andata e ritorno: il Vangelo incontra le diverse culture ai livelli più profondi e le culture si convertono al Cristianesimo e lo declinano in nuove accezioni. Tutto bene, fin qui: abbiamo le traduzioni della Bibbia, la liturgia in lingua propria di ogni paese, tutti i frutti del Concilio Vaticano II (come riassume bene la Nota della Commissione Teologica internazionale del 1989).
Il testo di Orobator è su questa strada: mostrarci come la cultura religiosa africana può contribuire alla vitalità del Cristianesimo e come il Cristianesimo si sta sviluppando in Africa. Tutto bene. Ma se la cultura di base di ogni società si appiattisce fino ad un modello non più legato alla cultura del luogo in cui viviamo? Se finiamo tutti in una autocomprensione di noi, che ci vede unicamente consumatori di beni? Se le nostre società perdono le loro peculiarità e non mostrano più l’incarnazione del Vangelo, che cosa facciamo? Se non funziona più il percorso andata-ritorno, ci sarà un Cristianesimo nelle società prossime venture (Lc 18,8)? Il bello di certi libri è che ti portano molto lontano: mentre li leggi, pensi, mentre pensi, colleghi altre idee e alla fine ti ritrovi in luoghi ancora non pensati… ma esistenti!
Il bello di avere intrapreso studi teologici da adulta, avendo già una famiglia che veniva a prendermi all’università a fine lezione al sabato pomeriggio, è l’aver trovato molte più risposte pratiche concrete che complicati ragionamenti… C’erano anche quelli, ma non erano il cuore ci ciò che stavamo imparando. Può sembrare strano, ma quando si affronta il momento di dolore di Giobbe, si finisce sempre per ripensare a quando sia simile il proprio momento di dolore rispetto a quello di Giobbe. E potrei proseguire con episodi delle Scritture, che ci rammentano moltissimi sentimenti umani: gioia per la nascita, tradimento, amore sconfinato, invidia, fratellanza, tutti i colori dei sentimenti. E ho trovato, nelle riletture di esegesi dei tesi, grazie a encomiabili maestri (ascoltate don Michelangelo!), molte più risposte alle domande poste dai sentimenti umani, di quante ne abbia ritrovate in altri sentieri… Filosofia, antropologia, sociologia, scienze storiche, psicologia, tutti saperi che mi hanno aiutato a cercare, ma la teologia ha riunito le risposte.
Ecco, se posso dire, a fronte di un’inculturazione del Vangelo sempre più faticosa rispetto alle nostre culture in appiattimento, vorrei una maggiore inculturazione/incarnazione dentro di noi, rispetto alle risposte sull’umano, che le Scritture ci hanno dato… Dovremmo conoscere meglio le esperienze bibliche, per impararne le risposte, per viverle noi oggi. Per un’inculturazione che sorpassi lo svuotamento culturale e che possa aiutarci a trovare le risposte in modo personale.