L’autrice dell’intervento, Judith Gruber, è professoressa di Teologia sistematica presso la Università Pontificia di Lovanio in Belgio.
Il contributo si concentra sul ruolo del conflitto nella costruzione del consenso nella chiesa; sinodalità è soprattutto partecipazione alle decisioni nella chiesa. Unità e consenso nella chiesa non devono essere dati per scontati ma essere un obiettivo in un processo di ascolto benevolo. La sinodalità crea così spazio per le differenze e i conflitti nella chiesa. Il contributo vuole riflettere sul ruolo del conflitto nella chiesa in senso teologico, concentrandosi sulla polifonia della chiesa, non perché questa pluralità sia solo da considerare un ideale di unità armonizzante, ma anche perché vuole riflettere sulle differenze resilienti e sul ruolo teologico dei conflitti, che non possono essere pacificati. Queste considerazioni sono di filosofia politica, già in una bozza di Jacques Ranciere.
Cominciamo dalla terminologia!
- Caratteristiche rilevanti del pensiero di Ranciere.
- Il termine di disaccordo è rilevante teologicamente, come?
- Quali condizioni a livello ecclesiologico per la nostra comprensione della Chiesa;
- Un esempio concreto, che significa non pensare dal punto di vista del consenso, ma assumere il disaccordo come principio ecclesiologico;
- Caratteristiche rilevanti del pensiero di Ranciere.
In primo luogo, un primo passo di filosofia politica; il disaccordo per R. ha un senso rilevante; luiè nato ad Algeri nel 1940, è stato professore di Filosofia, assistente di Foucault; intreccia filosofia politica ed estetica nella costituzione delle comunità. Le comunità costituiscono il loro ordine di funzionamento politico e sociale, con una divisione dallo spirituale; con questo R. si riferisce al processo di distinzione di quello che una comunità considera distintivo e comunicabile per se stessa e sottolineando che la appartenenza e la partecipazione alla comunità è consentita su questa base. La divisione deve essere intesa sia come ciò che consente la partecipazione e sia come ciò che divide ed esclude. Anche per questo, ci sono persone in ogni comunità che non hanno partecipazione o alla gestione del visibile e significativo.
La visibilità in una comunità si basa sulla esclusione di coloro che ne sono esclusi per questi motivi; R. li chiama sia esclusi, sia invisibili, sono figli che non hanno nulla da dire, sono i non partecipanti. Sono due modi in cui la divisione dello spirituale può essere considerata e può contare per coloro che hanno partecipazione in una comunità: prima divisione, contano le fasi storiche che costituiscono le comunità, solo i gruppi che hanno una appartenenza, che hanno una disposizione sociale, che riflettono la nostra disposizione sociale di visibilità, appartengono davvero alla società e sono riconosciuti: c’è appartenenza per ordine del consenso. Seconda divisione, il disaccordo che è oltre ciò che vediamo, è presente in chi non è visibile. C’è appartenenza per l’ordine del disaccordo.
Mentre l’ordine del consenso è totalitario e comprende tutto coloro che già hanno una partecipazione nella comunità, ne sono riconosciuti e possono parlare solo la stessa lingua, l’ordine del disaccordo lascia spazio alla comprensione dei conflitti nella Chiesa. Il ruolo del conflitto conta, come in modo teologico? Lo vedremo dopo. Intanto riflettiamo che il dissenso non conta perché c’è una proporzione di ignorati rispetto a coloro che partecipano (non conta in termini quantitativi), ma è importante perchè introduce una dimensione diversa nello spirituale, dimensione che sconvolge l’ordine del consenso, mette in discussione il visibile e l’invisibile, ciò che si riesce ad ascoltare e il non ascoltato, mostrando che c’è sempre una parte che non è inclusa. Per R. il disaccordo non è confronto di opinioni e idee diverse, che si risolve parlando e cambiando idea. Questo è in piena logica del consenso, che considera solo ciò che vede ed esiste. Il consenso pretende di risolvere un conflitto di interessi dentro una comunità che già condivide la dimensione spirituale e ha tutto l’interesse a continuare ad ignorare una parte degli esclusi. Il disaccordo rende visibile gli esclusi come uno spazio vuoto e si inizia da qui: il dissenso fa fare un passo avanti, porta alla luce, è un dibattito su ciò che si vede, su chi è in grado di vedere qualcosa e su chi è qualificato per dire qualcosa.
- Il termine di disaccordo è rilevante teologicamente, come?
Va considerata la polifonia della Chiesa, in cui siamo soggetti ad un certo ideale di unità armonizzante. Vorrei invece riflettere sulle differenze resilienti. Il dissenso/disaccordo va considerato come concetto che fonda una teoria della comunità che ci consenta di parlare della esclusione, dei meccanismi di esclusione, per pensare agli esclusi come parte costitutiva di una comunità.
il fatto che il consenso sia considerato il punto di partenza, la condizione auspicabile è un concetto da combattere. Il disaccordo, il come l’altra parte pensa è argomento poco esplorato nel linguaggio della Chiesa cattolica. Il termine consenso è un termine che nasce nell’uso, che si inizia ad usare a fronte della enciclica Humanae Vitae, sulla questione sollevata da un gruppo di teologi americani che hanno espresso resistenza verso i principi di questa enciclica. Nel corso della discussione, c’è stato intenso confronto sul ruolo magisteriale che il dissenso può avere nella chiesa, sul fatto che veniva lasciato ben poco margine alla pluralità di opinioni teologiche. D’altra parte ci sono numerosi studi sulla importanza dell’accordo, del consenso; il che è legittimo, ma ci sono ancora posizioni diverse sulla rappresentanza del potere interpretativo nella Chiesa. Dove non si può sostenere che i due gruppi siano d’accordo, Il Magistero che voleva regolare in modo restrittivo, i teologi che volevano lasciare spazio interpretativo, si decide però che i due gruppi assumano il consenso però come criterio ordinativo e il dissenso come elemento estraneo, al margine della vita ecclesiale. È un fenomeno che deve essere scartato fin dall’inizio, ai margini, il dissenso va messo ai margini!
R. lo mette come costitutivo, inizio della costruzione della comunità, come negoziazione su ciò che davvero è importante per la costituenda comunità, su ciò che è considerato centrale, non come difesa della differenza tout court, ma come approccio che si basa sulla esclusione. Aprendo la riflessione sulla esclusione, allora possiamo riaprire la discussione sul dissenso, come teoria politica sociale: da un lato ci aiuta a affrontare i discorsi di consenso nella Chiesa con cautela, dall’altro, ci sono forse situazioni in cui la ricerca del consenso porta le strutture a rigenerarsi? Quando invece le blocca, non permette una nuova dimensione spirituale alle strutture e sfinisce nella ricerca di uniformità?
R. offre punti di partenza di rilevanza teologica: la Rivelazione è entrata in una costellazione di vite e la divinità stessa di Dio si è detta dentro le storie familiari. Mt 25 ci racconta le costellazioni di vita invisibile e visibile, come luogo di rivelazione. Nei bisogni concreti, è entrata la Rivelazione: questo passaggio riguarda Cristo come incontro significativo per chi è nel punto cieco della vita di una comunità. Mt 25 collega la conoscenza di Dio con la conoscenza della esclusione della vita sociale dalla comunità, come era per i bisognosi. Dio si manifesta in coloro che sono esclusi, Dio può essere percepito e incontrato quando si vede, si rinegozia chi appartiene davvero ad una comunità, che prima ne era escluso. Dio si mostra quando interferisce con il disturbo della composizione della totalità della comunità. La rappresentazione di Dio avviene quando si verifica un dissenso alla comunità, un riconoscimento della vita dell’escluso. Per descrivere il conflitto in una comunità del consenso, in logica teologica dobbiamo pensarlo come un luogo in cui riconoscere la presenza di Dio, rispetto a ciò che non vedevamo. Questi conflitti diventano luoghi di scoperta, nel concetto di disaccordo: come possiamo ripensare la Chiesa, dove la Chiesa deve rappresentare Cristo nel mondo? Non partiremo più quindi dall’ideale della unità e del consenso come garanti della tradizione ecclesiastica, ma potremo attribuire una genuina funzione teologica al conflitto. La Chiesa come rappresentante di Cristo e messaggera del Vangelo avviene quando ci sono rotture e i conflitti costitutiv diventano visibili.
- Quali condizioni devono esserci, a livello ecclesiologico, per la nostra comprensione della Chiesa?
Come si può mettere tutto ciò in una immagine di Chiesa? Si passa dalla istituzionalizzazione alle pratiche ecclesiastiche di piena tensione e rispetto del dissenso. La argomentazione è che la filosofia politica di R. fornisce una base teorica per la una teologia del disaccordo, percepito come principio ecclesiologico della Chiesa; ciò significa che il disaccordo può diventare il fondamento della Chiesa e ciò ha profonde conseguenze ecclesiologiche.
Da un lato, la comprensione magistrale ha fin qui compreso il dissenso come fenomeno straordinario che non ha posto, se non limitato; Al contrario R. dice che il dissenso è una pratica continuativa, critica e trasformativa, che mette in discussione per scoprire questioni invisibili, che devono emergere come immagine di Dio. Il disaccordo si verifica quando l’ordine del consenso viene interrotto; il disaccordo non deve sostituire l’ordine del consenso, ma deve operare al suo interno; non è una istituzione permanente ma una identità aleatoria e precaria, locale e localizzata su temi, sempre sul punto di scomparire e riapparire; si verifica sempre quando gli esclusi scoprono un ordine e portano una disputa su cui discutere. Mt 25 mostra che queste rivelazioni sono tutt’altro che ovvie per chi è incluso; anche in in Mt 25 ci sono quelli che rimangono nella varietà di opinioni dell’ordine e quelli che invece si coinvolgono nel dissenso, nel vedere gli esclusi. La presenza di Dio non è una volta per tutte, ma dipende dalla nostra capacità di negoziazione, dal capire chi è l’escluso e se ha qualcosa da dire ogni volta. La presenza di Dio non può essere istituzionalizzata, ma si rende concreta sia all’interno sia all’esterno della Chiesa, sia nel consenso che nel dissenso e nel riconoscimento degli esclusi. Questa transitorietà è da assumere, se vogliamo che la Chiesa si renda presente come sacramento di Cristo nel mondo: se vogliamo restare segno, la Chiesa come rappresentazione avviene quando scopriamo modalità di ascolto e ricomprensione degli esclusi, tramite il dissenso.
Inoltre, nella ricerca della disposizione di Cristo nei punti ciechi della disposizione della società e della partecipazione, la Chiesa perde la sua evidenza e il suo potere, non è più un bene dato, ma deve essere sempre ricercato come presenza e non come istituzionalizzato. Dovremo pensare alla chiesa come un evento che diventa rappresentanza di Dio ogni volta che le costellazioni delle invisibilità vengono portate alla luce. Se il disaccordo è principio ecclesiologico, allora possiamo comprendere la Chiesa come evento, come pratiche messe in atto di ricomprensione, di discernimento per esporre i punti ciechi.
- Un esempio concreto
Per ragionare su un esempio, ciò significa non pensare dal punto di vista del consenso, ma assumere il disaccordo come principio ecclesiologico. Un esempio di resistenza alla istituzionalizzazione è la Chiesa che continua a discutere sui viri probati, come se ne è discusso nel Sinodo della Amazzonia. La istituzione dei viri probati serve a dare assistenza sacramentale in Amazzonia, a fronte di un numero molto basso di sacerdoti. La discussione riguarda il fatto che questa istituzione è stata ricompresa come una riforma che consente nuove opportunità di partecipazione alla vita della Chiesa, anche in altri continenti; allo stesso tempo però, ci sono molte critiche per una possibile riforma degli uffici ecclesiali, che oscura i reali interessi delle comunità locali, che invece volevano esplorare su come la Chiesa può essere un alleato nella lotta ecologica e per la giustizia sociale. La ricomprensione della riforma dei viri probati, compresa in modo unilaterale, con attenzione solo al ministero, nasce da una logica coloniale, che cerca di sfruttare le preoccupazioni delle chiese locali della Amazzonia, per interessi di chiese locali in Europa e America. Si tratterebbe di una ricezione unilaterale del Sinodo: le controversie sul possibile ufficio dei viri probati portano ad una comprensione specifica e tattica della Chiesa e contrastano con la missione pastorale della Chiesa, perché, ad extra, significano una riforma ecclesiale ad intra del ruolo della Chiesa. Nel tentativo di valutare le forme interne, non vogliamo qui pronunciarci contro la legittima decisione ad intra del Sinodo della Amazzonia sulla legittimità dei viri probati (legittimità del tutto provata dal lavoro sinodale), ma ad extra: quanto questa decisione contribuisce ancora ad escludere, su una linea di genere e di sessualità, le donne da ruoli dentro la Chiesa? I viri probati sono una nuova possibilità di partecipazione in Amazzonia, ma in Europa? Potrebbe accadere che siano limitati ad essere figure di sostegno della Chiesa alla società in Amazzonia, se interpretati solo a livello ecclesiale e liturgico (mentre il Sinodo vedeva in loro anche figure di di riferimento per la questione ecologica e sociale); potrebbero essere figure di limite in Europa, come nuova figura di partecipazione solo maschile con limite di genere.
Solo la prospettiva del disaccordo ci aiuta a vedere questi rischi: i viri probati, come istituzione sacramentale, limitata dalla partecipazione e dal genere, è una visione di esclusione che possiamo comprendere solo se abbiamo il punto di vista del dissenso: se solo gli uomini sono ammessi, si consolidano i modelli patriarcali, anche in Amazzonia; in più, la rappresentazione sacramentale diventa distribuita in modo asimmetrico nella Chiesa a livello locale e di genere, perché i viri probati assumono come laici un ruolo diverso, perché responsabili dei sacramenti, mentre i sacerdoti sarebbero i direttori spirituali per intere diocesi, decidendo le linee di sostegno sociale; in Amazzonia potremmo avere divisioni interne a livello di etnia e razza, per la ammissione ai ruoli diversi. I viri probati sarebbero indigeni in diocesi non interamente indigene, che però poi esprimono sacerdoti e vescovi non indigeni. Ciò avvierebbe una divisione problematica, perché la decisione dei viri probati confermerebbe la divisione per genere e razza, già presente nella chiesa, in Amazzonia (e in Europa giustificherebbe la divisione di genere… solo uomini per i sacramenti) nella gestione sacramentale.
È una critica, che serve solo riportare la discussione sulla esclusione e sulle differenze di comprensione di una scelta tra Europa e Amazzonia: c’è un limite ecclesiastico su cui non si è discusso, che ha escluso per genere le donne, che pone questa decisione criticabile, secondo la ottica del dissenso. Genere, sessualità e razza sono istanze sociali su cui la sensibilità è cambiata nel tempo. Se la Chiesa non si fa toccare dalle istanze del tempo, esclude in modo costitutivo e questo le impedisce di essere segno di Cristo.
Si tratta di questioni di cui tenere conto, secondo le indicazioni di cui abbiam detto: il dissenso sempre come istanza critica all’interno della società del consenso. Una chiesa che prende il dissenso come segno ecclesiologico, potrebbe diventare una Chiesa, segno in ogni tempo.
Nell’estate del 2022, ho avuto la opportunità di poter ascoltare il Corso sulla Sinodalità tenuto da diversi teologi e teologhe e organizzato dal Boston College: è stata proposta una formazione online gratuita, in 5 lingue e divisa in 3 settimane successive, con moltissimi interessanti contributi da ascoltare. Le conferenze erano organizzate in tre passaggi: dal discernimento comune alla costruzione del consenso, elaborazione e processo decisionale nella Chiesa, leadership e governance nella Chiesa. E’ stata davvero una bella esperienza di ascolto e inevitabilmente ho iniziato a prendere appunti mentre ascoltavo… Alla fine mi sono ritrovata con tante interessanti riflessioni, che volevo condividere! Ovviamente, si tratta di appunti miei personali e mi prendo tutta la responsabilità di errori di trascrizione o di comprensione: mi sembrava però interessante condividere questi contenuti, in modo che più persone possibile potessero riflettere sul tema della sinodalità. Ed ecco qui questa piccola e personale selezione di contributi: all’inizio di ogni trascrizione c’è il nome del teologo e il suo incarico. Tutte le conferenze sono ascoltabili su https://www.youtube.com/channel/UCLUnOSQE3INWihgBSCjAmhA/featured.